Zero morti su strada? Si può. Ci spiega come il Prof. Andrea Costanzo
La frase del professor Andrea Costanzo "meglio prevenire che morire" è carica di rabbia.
Ce la dice mentre comincia a raccontarsi, durante il nostro incontro.
Non è astio, ma è quella sana indignazione di chi ha dedicato la propria intera vita ad un obiettivo: zero incidenti stradali e zero morti.
La sua carriera è l'equivalente di un paio di esistenze, tanti sono i ruoli che ha ricoperto e
ricopre tutt'oggi.
Presidente della Socitras, la Società Italiana di Traumatologia della Strada, Tenente Colonnello del Corpo Sanitario Aeronautico della Riserva e Tenente Colonnello Medico Benemerito dell'Arma dei Carabinieri, docente di Ortopedia e Traumatologia nelle Università di Roma e Bologna, responsabile per la formazione di personale medico, militare e docente in traumatologia della strada, soccorso-attesa e bambini in auto anche prima della nascita nei corsi di aggiornamento dell'Ordine dei Medici di Roma, Grand'Ufficiale dell'Ordine al Merito della Repubblica, Medaglia d'Oro al Merito della Sanità Pubblica.
L'elenco è ancora molto lungo, ma il prof. Costanzo appartiene ad un'altra scuola di pensiero: quella che non ama perdersi nei convenevoli e soprattutto nell'autoreferenzialità.
Per questo, siamo andati dritti al punto con lui.
Si parla sempre di valore della vita umana.
Per quanto riguarda gli incidenti stradali,
quanto valgono le vite che si perdono in questo modo?
"Consideri che dopo la pandemia, c'è stata una graduale ripresa della mobilità e, di pari passo, del numero di incidenti. Il costo sociale di questa tragedia è di circa 18 miliardi di euro in un anno, quasi un intero punto di P.I.L.!
Facendo riferimento ai dati del 2022, ci sono stati 165.889 incidenti con lesioni, una media di 454 al giorno.
Il 73,4% di questi avviene su strade urbane, e le cause sono la distrazione, il mancato rispetto delle precedenze, l'alta velocità, oppure l'uso di alcolici o stupefacenti.
A questo, aggiungiamoci i 561 feriti al giorno, di cui il 13,4% gravi. L'83% di questi, perde la vita in 24 ore.
I morti entro le 24 ore dagli incidenti sono 2.651, mentre si contano 508 deceduti dal secondo al trentesimo giorno dall'evento.
In totale, si stimano 9 morti al giorno.
Tra questi, con grande amarezza: 39 bambini morti nel 2022, 29 nei soli primi sette mesi del 2023.
Nel 2019, con una lettera aperta alla Camera sul DDL che obbligava i minori di 14 anni "conduttori di velocipedi" all'uso del casco da ciclista, è stato molto critico su un punto: l'impatto, in caso d'incidente, nel traffico urbano, dove il casco da ciclista diventa praticamente inutile.
Può parlarcene?
"Certo, siamo passati dai 9 morti del 2021 ad una cifra quasi raddoppiata nel 2022, con 16 decessi.
Quello che bisogna capire è che la strada è un campo dove si muovono e interagiscono corpi di masse differenti, a diverse velocità, lungo traiettorie potenzialmente in conflitto.
Il pericolo nasce proprio dalla loro combinazione.
L'unica barriera che si frappone
tra noi e le conseguenze dell'impatto tra i veicoli sono delle adeguate barriere protettive.
Un impatto a 25 km/h non determina solo la perdita di coscienza, ma anche la frattura del cranio. Il casco non integrale non potrà mai essere sufficiente!
Non dimentichiamoci, poi, che la strada è anche un ambiente psico-comportamentale, dove ci si muove in base alla percezione dei propri sensi e a schemi di comportamento."
Sempre a proposito degli incidenti con bici e monopattini, cosa c'è da dire o, forse, da ribadire con forza?
"La prima regola di buon senso, è la diminuzione della velocità.
Se diminuisce la velocità con cui un veicolo impatta contro un altro veicolo o un pedone, le conseguenze lesive per entrambi saranno minori (in particolare per il pedone…). Elementari nozioni di fisica lo confermano: è il solo modo per minimizzare gli impatti.
Il senso più importante al quale possiamo affidarci per prevenire il peggio è la vista.
Vedere e rendersi visibili permette di fare un'attenta valutazione del rischio: sapere di avere davanti un Tir è diverso rispetto al trovarsi di fronte una bicicletta.
Per questo, oltre a percorrenze con limite di 30 Km/h, è fondamentale che le biciclette ed i monopattini siano dotati di più luci di posizione.
Ma il vero punto di partenza è la formazione: tutti dobbiamo essere consapevoli che sulla strada non siamo mai da soli."
Professore, lei ha anche collaborato con alcune industrie automobilistiche allo sviluppo di sedili e abitacoli per migliorare la sicurezza alla guida.
Ma è chiaro che i device sono un completamento, perché il vero percorso si fa con l'educazione alla consapevolezza.
Le scuole, da sole, bastano?
"Le scuole sono già oberate dal punto di vista formativo.
Bisognerebbe pensare alle associazioni, centri culturali e religiosi, sempre su programmi, finalità, materiali ben studiati e ben realizzati.
Quello della prevenzione è davvero il punto nevralgico del discorso: se finora il prof. Costanzo ci ha spiegato tutto con pacatezza, è proprio qui che inizia a non trattenere l'emozione e ad accendersi, spingendosi anche ad una provocazione.
"… Ma bisognerebbe creare delle, non so, delle vere e proprie campagne di comunicazione anche sui mass media!
Perché no, come si fa per le promozioni a scadenza sui divani…
Come se fosse un prodotto, no?
In fondo, siamo disposti a subire tanta pubblicità dai canali nazionali, perché non farlo per la prevenzione!?"
Educazione alla consapevolezza è sinonimo di buon senso.
Ma non c'è saggezza se si sottovalutano i rischi e le conseguenze.
Come responsabile nella formazione di soccorso-attesa, avrà sicuramente da dire al riguardo…
"Infatti, il soccorso-attesa è importantissimo perché è fondamentale non prendere mai sottogamba tutto quello che accade sulla strada.
Un esempio che porto spesso ai miei corsi è quello di Serse Coppi, fratello e gregario del più famoso ciclista Fausto.
Durante un giro d'Italia, Serse cadde e batté la testa, ma decise di proseguire come se nulla fosse. Al suo arrivo, a Torino, morì proprio a causa del trauma.
Molto spesso, gli impatti sono invisibili, ma internamente, nel cranio, possono formarsi degli ematomi subdurali.
Sottovalutare questa possibilità, in caso di incidente, e non fermare in tempo l'emorragia, è il tipo di comportamento che la formazione deve correggere.
Perché fa la differenza tra la vita e la morte.": quindi ricovero immediato in ospedale attrezzato per craniolesi.
Quello che il DDL 2019, il casus belli dal quale siamo partiti, definisce "conduttori di velocipedi" sono creature nuove che si muovono sulle nostre strade. Insomma, non sono né pedoni, né ciclisti.
Eppure…
"Eppure sono entrambe le cose.
I conduttori di monopattini elettrici sono alti e consistenti come dei pedoni, ma si spostano come dei ciclisti.
Dunque, questo vuol dire che sono soggetti a entrambe le possibili fatalità da incidente: tamponamento, o investimento con caricamento.
Soprattutto, sono esposti tanto a traumi e fratture articolari quanto a lesioni addominali.
Il caso di investimento con caricamento, per loro, è il peggiore.
Avviene di solito dai 30 km/h e provoca l'impatto della persona con l'area dei tergicristalli.
Sono egualmente fatali se il caricamento avviene in obliquo, portando la persona a sbattere contro uno dei due montanti laterali in metallo dell'auto.
Per questa ragione, la velocità massima di un monopattinista dev'essere tra 15 e 20 km/h.
Ma se questo non basta a rendere prudenti, allora sappiate che, se siamo fermi su una bici e cadiamo, l'impatto è già pari a 20 km/h!
La forza di un incidente diventa mortale già a 25 km/h.
Cinque chilometri, in altre circostanze, possono non essere nulla, ma sono lo scarto esatto tra vivere e morire."
Il Decreto Legge perfetto, laddove il buon senso individuale ancora non arriva, dovrebbe prevedere?
"Obbligo di casco integrale a tutte le età, fondamentale per proteggere anche l'area maxillofacciale, patentino, assicurazione, giubbotto riflettente e luci di posizione, anteriori, posteriori e soprattutto sulle punte laterali del manubrio.
Queste ultime sono cruciali per evidenziare la sagoma e dare contezza delle dimensioni del monopattinista a chi altri si muove lungo il tragitto stradale.
Altro obbligo necessario che la legge dovrebbe applicare è quello relativo all'età.
Non è possibile che una persona anziana possa condurre un monopattino.
Consideriamo che il nostro corpo, per contrastare la forza di gravità, è soggetto a 4.000 oscillazioni al minuto (riferiti ai 360° del cerchio).
Siamo costantemente in lotta con il magnetismo terrestre, e per contrastarlo abbiamo bisogno di una base d'appoggio larga.
Il corpo deve recuperare la percezione del movimento, lottare con la gravità, per mantenere la stabilità posturale.
Lo sforzo del meccanismo cervello-muscoli controlaterali per mantenerci in appoggio su una base più stretta è enorme.
Da un certo momento della vita, più avanzato, è assolutamente impensabile!
Come si riesce a mantenere la stazione eretta ad una certa età con un piede davanti all'altro !?"
A proposito di decreti e senso di responsabilità, si dice spesso che l'Italia è più indietro rispetto ad altri paesi.
Ha qualche esempio che il nostro Legislatore dovrebbe affrettarsi a recepire?
"Sicuramente quello della Finlandia e della Norvegia.
A partire dagli anni settanta, sono stati introdotti progressivamente nuovi obblighi di velocità: 30 km/h, oppure 40 km/h ma solo su strade a scorrimento veloce.
Helsinki, la Capitale della Finlandia e Oslo, Capitale della Norvegia, sono diventate città con zero incidenti mortali che coinvolgono pedoni e ciclisti.
È stata adottata la "Vision Zero", una strategia che ha avuto origine per la prima volta in Svezia e
nel tempo ha trovato sempre più diffusione. Ad oggi sono circa 20 le città nel mondo che hanno adottato l'approccio "Vision Zero" per ridurre i feriti e le vittime da incidenti stradali.
In più, di recente, hanno istituito dei corsi di formazione per gli immigrati sull'uso corretto della bicicletta: il cosiddetto programma "Immigrants on bike".
La presenza di molti stranieri che si muovono su strade urbane con le due ruote, ma senza saperla portare, rappresenta un problema anche da noi.
A Shanghai, invece, i marciapiedi sono stati divisi longitudinalmente creando una "corsia preferenziale" per i pedoni che utilizzano il cellulare : "cell phone lane".
Proprio quando stiamo per congedarci e ringraziare il professor Costanzo del tempo speso con noi, accade qualcosa di raro. Il suo carattere vulcanico, lo stesso che gli ha consentito di raggiungere così tanti traguardi professionali, non gli permette di trattenere un'ultima considerazione personale:
"Io sono contento se riesco a salvare anche una sola vita.
Quando, dopo un incidente, un vigile o chiunque altro mi dice di aver salvato una vita, io sono felice. Lo sarei ancora di più se non dovesse più essere necessario."
Parole come eroismo, vengono spesso abusate.
Ma quando un professionista dedica tutto affinché non ci debba più essere bisogno di lui, allora certi termini non risultano mai fuori luogo.
Finisco sempre le mie lezioni con questa diapositiva: